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L’anno trionfale di Pannonica

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La figura di Pannonica de Koenigswarter (1913-1988) già oggetto di una biografia pochi mesi fa (Hannah Rothschild, La baronessa, 2024) si trova al centro di un rinnovato interesse. La baronessa Pannonica, per gli amici “Nica”, apparteneva per nascita alla famiglia Rothschild: banchieri di primissimo rango. La ribellione ai valori borghesi di Nica si manifesta negli anni Trenta, frequentando i circoli jazz di Londra invece di fare la “debuttante” in società e combattendo il nazismo durante la Seconda Guerra mondiale. Trasferitasi a New York, frequenta il jazz set, accelerando il divorzio dal barone Jules de Koenigswarter. La sua figura nelle storie del jazz finora ha goduto di uno spazio limitato, quello di amica dei grandi jazzisti dell’epoca, cui ha offerto sostegno economico e morale, ricevendone in cambio la dedica di una ventina di temi, alcuni dei quali classici immortali. Eppure Nica è stata molto di più, a partire dal ruolo di manager e confidente per Thelonious Monk, che ha difeso da una brutale aggressione poliziesca in Delaware, cosa che le è costata un lungo contenzioso con la giustizia americana. Altrettanto travisata dai moralisti la morte di Charlie Parker avvenuta a casa sua: lei che è stata solamente colpevole di averlo accolto, malato, quando era stato abbandonato da tutti. Finalmente nel volume I musicisti di jazz e i loro tre desideri (traduzione di Anna Lovisolo, EDT) emerge il lato artistico di Nica, finora rimasto in ombra. Con la sua Polaroid negli anni ha fotografato molti musicisti, di solito a casa sua, lontano dai riflettori: Dizzy Gillespie, Count Basie, Duke Ellington, Art Blakey, Bud Powell, Sun Ra, Charlie Mingus, Sonny Rollins e molti altri. In aggiunta -e questo spiega il titolo del libro- all’inizio degli anni Sessanta, ha iniziato a porre ai jazzisti questa domanda: «se potessi esaudire tre desideri, quali sarebbero?». Trecento hanno risposto e quel materiale, accompagnato da una serie di scatti di Nica è diventato un racconto alternativo del jazz, nutrito di serietà e di scherzi, di bassi interessi economici e di ideali grandiosi. I musicisti colti nel relax dell’appartamento di Pannonica non rispondono come farebbero con un giornalista nel corso di una intervista. Ne viene fuori un’umanità meno stereotipata di quella raccontata nelle agiografie del jazz, dove osserviamo da altri punti di vista i vari Miles Davis e John Coltrane. Personaggi che pur con tutte le loro idiosincrasie cercano, come scrive Luca Bragalini nella bella introduzione al volume, di «Accordare la propria opera al diapason più alto possibile».


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