Matteo Monforte, Come siamo caduti in basso, Oscar, Chinaski edizioni, 2007.
Martino Rebowsky è un trombettista jazz alle soglie dei trent’anni che dalla sua Genova rinverdisce i fasti dei musicisti maledetti. Studente fuoricorso di filosofia in perenne attesa di arrivare alla tesi, passa il suo tempo tra canne, alcool, un po’ di sesso con amiche bendisposte e abbondanti libagioni a tutte le ore senza badare troppo al proprio sovrappeso. Il lavoro si riduce a qualche concerto qua e là, di solito malpagato.
La trama del giallo ha la priorità nel fluire del racconto, ma il tempo per qualche ascolto, in particolare Chet Baker e Miles Davis, lo si trova.
Ecco la citazione d’obbligo che mette insieme Chet, la letteratura noir, un po’ di sana atmosfera maudit, una buona dose di ironia postmoderna.
Dopo pranzo decisi che avrei letto ancora un po’ del mio libro noir, ascoltando un vecchio album di Baker, ma non fu per niente un’ottima idea, in quanto non riesco mai a leggere e ad ascoltare musica contemporaneamente (…). Mi sdraiai sul divano in mutande, accappatoio e infradito, come si deve. Misi sul pancione la Maria, le cartine, un biglietto del bus per il filtrino e iniziai a rollare prima di scoppiarmela di gusto, proprio mentre Chet staccava Almost Blue, soffiando nella tromba la sua anima dannata. Quel gran figlio di una zoccola.