Federico Capitoni, Presente Continuo, Mimesis 2024
Iniziare una discografia della musica contemporanea con una dedica che recita: “con il massimo rispetto per gli assenti”, mette subito il lettore in una buona disposizione d’animo. Cercare cosa manca, chi non è degnamente rappresentato nel panorama della musica contemporanea potrebbe anche essere un bel lavoro per leoni da tastiera del “bar social” ma Capitoni si tiene alla larga da questo rischio riconoscendo le difficoltà di antologizzare il presente, ma lo fa lavorando con metodo. Il libro è diviso in due parti: il Novecento storico e la musica dal secondo dopoguerra a oggi. Nella prima parte le sorprese – giustamente, viene da dire – sono poche: si parte con Antheil e in ordine alfabetico si procede (cito alla rinfusa) Berg, Debussy, Eisler, Gershwin, Rodrigo, Still, Skrjabin, Weill e si chiude con Zemplinsky. La seconda è decisamente più avventurosa: qui l’autore si guadagna davvero il pane proponendo nomi importantissimi e altri inaspettati. Per dire a poche pagine da un Ligeti troviamo un Jon Lord, sì, lui, l’organista dei Deep Purple alle prese con il rifacimento del suo vecchio Concerto for Group and Orchestra. Sì perché un’altra caratteristica del volume è che l’autore, appropriandosi al meglio della funzione di critico, si prende la briga di segnalare una singola opera per autore. Un libro vivamente consigliato ai curiosi che non si accontentano di ascoltare musica nella propria zona confort. La contemporanea riserva sorprese…
Maurizio Galli, Musica e fantascienza, Volo/libero, 2024
Il libro si apre con la nascita del rockìn’roll, quando i viaggi nello spazio, scrive l’autore, “entrano nel regno della fantascienza”. Si può dire che il rocket e il roll, per utilizzare il gioco di parole ideato dal critico musicale Maurizio Galli, decollino insieme! Da lì in avanti è un tripudio di “musica stellare”: c’è la psichedelia californiana e quella inglese, le musiche spaziali teutoniche e quelle nere dal funk all’afrofuturismo. Tutti i generi sono toccati, dalla disco music ai grandi del jazz a partire ovviamente dall’uomo venuto da Saturno, Sun Ra, ma senza disdegnare personaggi meno frequentati come Duke Ellington. Gli universi musicali “paralleli” toccati sono davvero tanti in questo volume corposo che offre una prospettiva diversa all’ascolto come Galli aveva già sperimentato nel fortunato “I solchi della storia” (2021).
Alberto Mario Banti, The Beatles: Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, Carocci editore, 2024.
Docente di storia culturale all’università di Pisa, Banti non è nuovo al tema musica. Su Magazzino jazz a suo tempo si è recensito Wonderland. La cultura di massa da Walt Disney ai Pink Floyd (2017). Qui il centro dell’attenzione è nell’epocale Album dei Beatles del titolo. Si parte con un necessario inquadramento storico che ricostruisce il clima sociale di ottimismo degli anni successivi alla Seconda guerra mondiale in Regno Unito e Stati Uniti, una sorta di dinamo in grado di attivare le energie giovanili e di aprire la strada al rock’n’roll. Gli esordi del rock vengono raccontati con finezza, cogliendo quegli aspetti “culturali” che rappresentano l’approccio di Banti. Viene ripresa una frase famosa di Frank Zappa che descrive il suo innamoramento verso questa musica con l’ascolto di Rock Around the Clock di Bill Haley: “l’inno nazionale degli adolescenti”, ovviamente suonato fortissimo!
Il volume prosegue raccontando per sommi capi la storia dell’ascesa del quartetto di Liverpool dagli esordi con lo skiffle al modello americano r&b o pop, agli impasti vocali dei gruppi femminili afroamericani, un insieme di ingredienti che nei Beatles trovano poi una sintesi in grado di “sfondare” presso il pubblico giovanile globale. Proprio su questo tema si trova nel libro uno dei paragrafi più interessanti, quello dedicato all’analisi della Beatlemania. Le scene di isteria di massa che siamo abituati a vedere nei documentari in bianco e nero sui primi Beatles trovano una sistemazione storico-sociologica ben più ampia di quanto ci si potrebbe aspettare. Seguono: una genesi del lavoro che porta a Sgt Pepper, l’analisi dei singoli brani e una conclusione sull’importanza storica dell’album, le cui influenze arrivano ai nostri giorni.