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Regali sotto l’albero: dischi jazz…

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E’ retrò mettere i regali sotto l’albero? E’ retromaniacale pensare di metterci dei dischi? Chissà! Io consiglio 6 dischi jazz e zone limitrofe del 2024 che ho ascoltato e mi sono piaciuti.

Enzo Favata, Os Caminhos de Garibaldi, Caligola 2024

Enzo Favata sente un particolare legame con Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi e dell’unità d’Italia, che per qualche anno è vissuto (ed è poi morto) in Sardegna, una terra profondamente amata. L’idea di dedicargli un lavoro parte da un progetto per i 150 anni dell’Unità d’Italia, proposto in prima battuta durante lo storico festival sardo Musica sulle Bocche di cui Favata è l’energico direttore artistico e rimane imperdibile per qualità della musica proposta e dei meravigliosi contesti in cui viene eseguita. I brani, messi uno in fila all’altro, costituiscono un viaggio nella musica popolare filtrato dal jazz e dall’improvvisazione. Nel percorso si incontra la musica regionale italiana, quella di matrice classica, quella latinoamericana…Il gruppo -dal veterano Giancarlo Schiaffini al giovane Filippo Vignato, passando per Flavio Davanzo, Alfonso Santimone, Danilo Gallo, U.T. Gandhi – affronta i collettivi con piglio energico (a volte sembra di sentire una fanfara free!) e i momenti improvvisati con freschezza.

Pericopes+1, Good Morning World, Losen Records, 2024

Tornano i Pericopes, Emi Vernizzi al sassofono tenore ed elettronica, Claudio Vignali, pianoforte, tastiere ed elettronica, con il più uno del nome: il tosto batterista Ruben Bellavia. Al trio si aggiungono ospiti in alcuni brani Anaïs Drago al violino e Rosa Brunello al contrabbasso. Il disco è denso, ricco di parti in crescendo con pochi momenti di relativa tranquillità, come capita nella nostra vita odierna, vien da dire. Menzione particolare per un dolente brano dedicato fin dal titolo ad Assange, sicuramente uno dei simboli viventi delle contraddizioni del mondo contemporaneo.

Roberto Magris Europlane for jazz, Freedom is Peace, JMood Records, 2024

Il pianista triestino si conferma un performer caldo e qui è accompagnato da un gruppo mitteleuropeo di ottima caratura e forte impronta neo hardbop, ben catturato dalla dimensione live- Tra i partner va almeno citato il tenorsassofonista ungherese Tony Lakatos. Il sestetto parte davvero forte con un brano scritto da Magris, Freedom is Piece che è anche il titolo del disco. Un pezzo energico nel quale tutti i solisti si superano. In questi ultimi anni abbiamo un estremo bisogno di energia positiva afferma il pianista nelle note di copertina e se gli obiettivi sono libertà e pace, per raggiungerli una musica vigorosa, swingante e insieme lirica come questa non può che farci del bene…

La Por Por -The Texas Horns, Horn to Horn, Voxlox, 2023

Impossibile descrivere in poche parole cosa sia l’orchestra di clacson dei Por Por, di stanza ad Accra, in Ghana. Per evitare di banalizzare l’argomento l’invito è a procurarvi il libro della persona che ha contribuito a raccontare (e in qualche modo anche a plasmare) un intero nuovo mondo musicale. Parliamo di Jazz Cosmopolita ad Accra dell’etnomusicologo Steven Feld (Il Saggiatore 2001, edizione italiana tradotta da Marco Bertoli e curata impeccabilmente da Carlo Serra). Lo studioso e musicista americano ha anche girato dei documentari per raccontare con le immagini le sue scoperte musicale africane e in particolare quella che riguarda questo gruppo “suonatore di clacson da camion” si intitola The story of Por Por (2013). Il Covid con il suo tempo sospeso ha portato Feld a maturare il pazzo progetto di fare incontrare le voci e gli strumenti dei Por Por con i sassofoni r&b dei Texas Horns. La black music delle due sponde dell’Atlantico dialoga e lo fa mettendo insieme musicisti bianchi e neri, americani e africani. Un bell’esempio di pratica multiculturale. Detto questo la pace finisce qui: l’incontro tra le due culture è divertente, ma selvaggio, i linguaggi si incontrano ma esplodono, si intrecciano portando a una musica esagerata, rumorosa, follemente danzereccia.

Roberto Bonati chironomic Orchestra, The Gesture of Sound The Gesture of Colour, Parmafrontiere, 2024.

Roberto Bonati torna nelle vesti di conductor di questa orchestra, il cui nome dal greco rimanda alla direzione con le mani (di un coro o oltro) emanazione del festival ParmaFrontiere. Roberto Bonati, contrabbassista e compositore, guida con mano esperta il nutrito ensemble in un territorio inesplorato, dove i musicisti si muovono come individualità e collettivo tra silenzi siderali e masse sonore corporee. Di rilievo l’emozionante crescendo finale, tanto perfetto da sembrare scritto, ma che ancor meglio possiamo vedere come il frutto di gesti che si sono trasformati istantaneamente in suoni e come tali sono stati congelati nell’incisione. L’esecuzione era accompagnata dal live painting dell’artista Henning Bolte e, a giudicare dalle riproduzioni che si trovano nel libretto del CD, dev’essere stata una bellissima esperienza da fruire dal vivo (per chi c’era); a noi restano la musica e l’immaginazione.

Nico Menci, Filippo Cassanelli, Enrico Smiderle, I Never Knew, Caligola, 2024

Ahmad Jamal, Red Garland, João Donato, tre pianisti dallo stile inconfondibile. I primi due in particolare sono stati protagonisti di una storica stagione del jazz negli anni Cinquanta. Ahmad Jamal è stato spesso citato da Miles Davis come uno dei suoi pianisti preferiti e una fonte di ispirazione. Nel suo primo grande quintetto hardbop invitava spesso Red Garland, il secondo pianista citato dal trio I Never Knew come punto di riferimento per il lavoro. A partire dal brano che funge dal titolo per il disco e passando per Tin Tin Deo e Four il trio esplora classici del jazz mainstream di quella stagione fantastica che milioni di appassionati non hanno dimenticato e – nonostante sia chiaro a tutti che la musica non può stare ferma al passato – è piacevole a volte risentire. Il trio porge con perizia e calore il proprio jazz ricco di swing e buon gusto, lasciando all’ascoltatore il piacere dell’ascolto e forse un pizzico di rimpianto per un jazz che oggi non esiste più ma che non ha perso un grammo della sua forza espressiva.


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