Sly Stone, Thank You (Falettinme Be Mice Elf Agin), Jimenez, 2024, traduzione di Alessandro Besselva Averame.
Cosa vuoi fare da grande? Interrogato dal Pastore della chiesa il giovane Sylvester Stewart dette una risposta che all’epoca fece sorridere gli adulti presenti, mentre oggi, col senno di poi, pensando al protagonista farebbe ridere a crepapelle. Il vescovo! Sly Stone risponde il vescovo. Ve l’immaginate? Eppure a leggere fino in fondo si scopre il perché. Sly spiega che il vescovo era il personaggio più importante dei dintorni, il capo della sua gente. E Sly Stone divenne di lì a pochi anni il personaggio più importante e il capo della sua comunità: la “famiglia” Stone, un bel coacervo di “diversi” che si muoveva nella Bay Area a San Francisco. Facciamo un passo indietro. Sylvester prese il nome d’arte Sly Stone in una radio della zona, dove da dj, ruppe gli schemi trasmettendo successi r&b e musica “bianca”, mescolando Beatles e Dylan con Ray Charles e compagnia soul-cantante. La musica non ha colore, osserva Sly. Inizia a scrivere brani, a produrre musica e il talento lo porta in classifica. Ben presto nasce un gruppo….e che gruppo! La Family Stone è una sorta di Jimi Hendrix Experience del soul senza un genio della chitarra come frontman ma con un gran collettivo a tirare il groove e un pazzo furioso come Sly a catalizzare il tutto.
Ricorda Stone nelle sue memorie: «Eravamo bianchi e neri insieme, maschi e femmine. Era una cosa grossa ai tempi. Ed era stato fatto di proposito». Tra i musicisti che gravitano troviamo Billy Preston (lui, il quinto Beatle) e Larry Graham (l’inventore della tecnica slap sul basso). Sly and family Stone iniziano a farsi notare con il disco Dance to the Music, uscito nel fatidico 1968. La parte alta della classifica arriva con Everyday People tratto dal quarto album della band,Stand! La canzone è così forte che diventa uno standard istantaneo con cover di ogni genere, dagli Staple Singers a Peggy lee. La Famiglia Stone ha trovato la formula: una mescola di rock’n’roll, rhytm’n’blues, psichedelia, jazz e funk, condita con lo spirito ribelle di quella generazione e la capacità di rompere i tabu legati a razza e sesso. Sono pronti per il palco più importante degli anni Sessanta, quello di Woodstock. La loro versione live di I Want to Take You Higher è uno dei punti alti di tutti e tre i giorni di pace amore e musica. Sly inizia a cambiare: ha un abbigliamento e un atteggiamento sul palco superfunk che ispirerà le generazioni a seguire. Intanto nell’immediato Miles Davis, Herbie Hancock e tanti jazzisti si ispirano al sound della famiglia Stone, in particolare di brani raffinati e immediati come In Time (1973). Un pezzo del disco Headhunter di Hancock si intitola Sly, ricorda orgoglioso Stone, che dei jazzisti dice: “ci utilizzarono anche loro come bussola”. Purtroppo dopo il successo iniziano i problemi. Rapporti con le donne improntati al machismo estremo, droghe, pistole ovunque, atteggiamenti sbagliati con gli altri membri del gruppo. La famiglia si sfalda, i membri lasciano alla spicciolata e Sly sprofonda nelle droghe, perseguitato da agenti delle tasse, spacciatori, papponi, altri tossici, delinquenti, approfittatori, ex mogli, prostitute, amanti… Una guardia del corpo uccide una persona fuori dalla sua casa, uno dei cani killer di cui si circonda cerca di sbranargli il figlio lasciandolo tra la vita e la morte. Non rispetta gli ingaggi, litiga con tour manager e produttori, spaventa i giornalisti. Sly ha la bussola della musica, non quella della vita. In tutto questo turbine viene dimenticato dal pubblico e si ritrova a bisbocciare con un funk-fattone come George Clinton. “Andammo a pescare, creammo musica e ci sballammo, non necessariamente in quest’ordine”, scrive Sly. Il nostro ama trascorrere il tempo con altri “maledetti” del soul come Bobby Womack o Ike Turner. Dimmi con chi vai… Nel frattempo l’esempio (artistico) di Sly è chiarssimo per gente come Prince, Michael Jackson e una schiera di rapper della prima ora che samplerizzano la sua musica. Parte il recupero con la Hall of Fame e la ristampa del vecchio catalogo. “La nostalgia era un ciclo – di genere non pericoloso- e sembrava riproporsi a intervalli sempre più brevi”. Sly non sembra godersi troppo l’effetto nostalgia immerso nei suoi incubi personali, nei problemi con la giustizia (fino al carcere) e nei tentativi di ripulirsi affrontando lunghi periodi di rehab. Finisce a vivere in un furgone, poi il lento recupero. Oggi, a ottant’anni suonati, Sly sembra finalmente pacificato. Ha fatto i conti con il passato e questa autobiografia ne è la prova lampante. Premio della giuria Bergoglio per la miglior copertina di un libro 2024: se non sapete chi è Sly Stone giudicate pure il libro guardando questa. Chi ha mai visto in giro un altro supercazzone-superfunk come questo?